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Cronaca Paese

Uccide fratello e cognata, i parenti: «E' un violento, nessun perdono»

Massimo Pestrin, il 51enne che mercoledì ha fatto fuoco con 17 colpi scaricati sui corpi delle due vittime, sarebbe stato anche protagonista di episodi di violenza nei confronti della ex moglie, da cui si stava separando. Avrebbe sparato contro Rosanna Trento perchè la accusava di mantenere rapporti con la donna, che da parte sua non ha voluto commentare quello che è successo

«Ma quale complotto alle sue spalle lo sapevano tutti che la moglie aveva un altro uomo. Ne aveva anche le prove dentro al suo telefonino... La verità era che in quella famiglia c'erano tanti, forse troppi problemi. Ma lui, invece di risolverli li ha riversati su di noi». A parlare è Giancarlo, fratello di Massimo Pestrin, l'ex guardia giurata che mercoledì scorso, all'ora di pranzo, ha ucciso con 17 colpi di pistola il fratello Lino e la cognata Rosanna Trento.

Dell'uomo "distrutto e terrorizzato", come lo aveva definito il suo legale, l'avvocato Annalisa Zanin, Giancarlo, il figlio Davide e l'altra cognata, Martina Sandre, figlia di Fiorella, una delle due donne morte carbonizzate nel rogo che il 10 giugno del 2020 a Castagnole distrusse la casa di Sergio Miglioranza, ora a processo accusato accusato duplice omicidio, danno una immagine completamente diversa. «E' una cosa che non potrò mai perdonargli - continua a dire - ho letto che punta a una perizia psichiatrica per dire che è malato. Ma lui non è pazzo: questo è il suo carattere, può darti il cuore come ucciderti. E purtroppo ha scelto di fare del male».

Il complotto di cui sarebbe stato vittima e del quale aveva parlato ai carabinieri subito dopo i fatti sarebbe stato ordito, nella sua testa, dai fratelli ma avrebbe avuto come protagonista soprattutto Rosanna, che Massimo Pestrin riteneva responsabile di mantenere i rapporti con l' ex coniuge, quella donna di origine albanese che, dopo aver lasciato la casa di via Monsignor Breda a Paese dove la famiglia dell'ex guardia giurata era andata a vivere in seguito allo sfratto per il mancato pagamento dell'affitto dall'appartamento di Vai Noalese a Treviso, lui vedeva oramai solo di tanto in tanto in occasione delle visite dei figli. «La accusava - dice Davide, 24 anni, figlio di Giancarlo e Martina e nipote del killer - di mandarle dei messaggi sul cellulare ma lei non aveva neppure il numero di telefono della moglie. A me lui non è mai piaciuto, ha un carattere violento e manesco. Non solo picchiava la compagna ma una volta se l'era presa addirittura con mio nonno, cioè suo padre, che aveva malmenato perché esigeva dei soldi per poter andare in Albania. Spero che finisca per il resto dei suoi giorni in carcere e che lì possa soffrire, ricordando quello che ha fatto. In tutte le famiglie ci possono essere discussioni ma ciò che è successo davvero non ha senso o spiegazioni».

La ex di Massimo, che vive in un comune dell'hinterland ospite di amici, non se la sente di commentare quello che è successo. Si limita a dire che «è' una cosa sconvolgente, siamo distrutti e tanto tristi». Chi invece parla è Martina Sandre, che sul braccio destro ha tatuato il nome della madre, la 74enne bruciata insieme a Franca Fava, moglie dell'uomo accusato di avere appiccato volontariamente il fuoco alla casa dove vivevano. E che del cognato assassino reo confesso dice che «non è riuscito a metabolizzare la sua separazione e per giunta si è costruito in testa questa idea del complotto secondo cui tutti sapevamo che la "ex" avrebbe avuto altre storie ma noi non l'avremmo avvertito». «Era una maschera - afferma ricordando i momenti seguiti alla sparatoria - dopo avere ucciso Lino e Rosanna era tranquillo e fumava una sigaretta. Quando realmente ho realizzato quello che era successo ho pensato che io ero dentro e lui fuori dalla finestra, con la pistola ancora in mano. E che forse quello che è successo poteva accadere anche a me e alla mia famiglia. Non posso e non voglio perdonare, così come non posso e non voglio dimenticare mia mamma e la maniera orribile in cui è morta».

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