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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio di Borgo Capriolo, le motivazioni della sentenza

L'8 febbraio del 2021 Branko Durdevic uccise il cugino "Joco" dalla finestra del bagno della sua abitazione a Santa Bona. Per i giudici è circostanziata l'esclusione della premeditazione. Rimandati in Procura gli atti relativi alla deposizione del cugino dell'imputato e di Silvana Hudorovic, la "regina dei rom", nei cui confronti si addensano i sospetti di reticenza

«Quanto al delitto di omicidio è pacifico e non contestato che Branko Durdevic, avvalendosi dì una pistola Glock 9x21, dopo essere salito sul bidet del bagno del primo piano ed essersi affacciato alla finestra, ha sparato due colpi di pistola, dall'alto verso il basso, in direzione dì Joco Durdevic, Vera Olah e Giampiero Petricciulo. Nel caso di specie, plurimi sono gli elementi fattuali che consentono di affermare che l'imputato abbia agito con dolo diretto, al più alternativo, avendo previsto e voluto indifferentemente gli eventi morte o lesioni come conseguenza certa o altamente probabile della propria condotta». Questo si legge nelle motivazioni della sentenza che, il 14 aprile scorso, ha condannato il 37enne Branko Durdevic a 29 anni di carcere per l'omicidio di Domenico "Joco" Durdevic, centrato l'8 febbraio del 2021 da un proiettile che, colpendolo di rimbalzo alla testa, gli ho provocato una perdita di materia cerebrale che lo avrebbe portato  alla morte alcune settimane dopo. Il giovane è stato invece prosciolto dall'accusa di tentato omicidio nei confronti di Samantha Durdevic che il giorno della sparatoria accompagnò il padre ad affrontare Branko. L'accusa, sostenuta dal pubblico ministero Gabriella Cama, aveva chiesto l'ergastolo e l'isolamento diurno per un anno. 

La Corte motiva che deve essere scartata la premeditazione perché «l'imputato non ha attuato alcuna attività prodromica all'esecuzione dell'omicidio, che si è consumato in maniera del tutto estemporanea, in conseguenza della decisione della vittima di recarsi, unitamente a svariate altre persone e senza alcun tipo di preavviso, in Borgo Capriolo. Non essendo stata raggiunta la piena prova, al dì là dì ogni ragionevole dubbio, in ordine al momento in cui sarebbe maturato il proposito omicidiario poi portato a compimento dall'imputato, si impone quindi l'esclusione della aggravante della premeditazione».

I giudici scrivono anche che debbano essere trasmesse in Procura le valutazioni in ordine ad eventuali profili di responsabilità penale emergenti dalle dichiarazioni rese Simone Hudorovìc, cugino dell'imputato, e Da Silvana Hudorivic, la cosiddetta "regina dei rom". Il primo, cugino, vicino dì casa e collega di lavoro dell'imputato, con cui avrebbe avuto una frequentazione quotidiana, avrebbe cercato di sottrarsi all'esame dibattimentale e avrebbe tenuto un comportamento reticente e persino offensivo nei confronti della Corte.

La seconda, zia di Branko, ha a sua volta tenuto un atteggiamento reticente, affermando di non essere minimamente a conoscenza dei fatti dì causa e negando qualsivoglia coinvolgimento personale e del genero Alessandro Zanchetta. Con il suo atteggiamento però la Hudorivic, che nel corso del processo sarebbe emerso essere un informatore delle forze dell'ordine, confermerebbe quello che è nei fatti l'evidenza del fatto che il clan di Joco sarebbe estremamente influente nella comunità rom del capoluogo, potente e temuto. La "regina dei rom" avrebbe poi consigliato a Branko Durdevic di costituirsi, l'avrebbe ospitato in casa permettendogli di cambiare gli abiti indossati al momento della sparatoria e avrebbe "trattato" con gli inquirenti per l'arresto del nipote.

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