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Cronaca

Giro di fatture false per 5 milioni, scatta la maxi confisca

La Guardia di Finanza di Treviso ha eseguito il provvedimento su delega della Procura generale presso la Corte d'Appello di Venezia. Oggetto dell'espropriazione a beneficio dello Stato di due immobili, sei auto e due immobili per un valore di 676 mila euro, sono quattro persone condannate per una frode fiscale avvenuta in provincia tra il 2011 e il 2017

676 mila euro confiscati, tra immobili, autovetture e partecipazioni societarie. E' questo l'importo di una confisca eseguita dalla Fiamme Gialle di Treviso su delega della Procura generale presso la Corte d'Appello di Venezia. I destinatari del proveddimento sono quattro persone condannate in secondo grado per una frode fiscale commessa tra il 2011 e il 2017 in provincia di Treviso. I I beni confluiti nel patrimonio dello Stato consistono appunto in due immobili, ubicati a San Donà di Piave, sei autovetture e due partecipazioni societarie. 

Il provvedimento è giunto al termine dell’operazione “Metal Connection”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Treviso che, nel luglio 2017, aveva consentito ai finanzieri del Gruppo del capoluogo di bloccare un giro di false fatture per 5 milioni di euro e di trarre in arresto tre persone che gestivano cinque imprese nel trevigiano. Queste ultime, formalmente operanti nella fabbricazione di strutture metalliche, avevano emesso fatture per operazioni inesistenti a favore di altrettante aziende della Marca al fine di consentire loro l’evasione di imposte sui redditi e di IVA per 1,7 milioni di euro.

Le indagini dei magistrati trevigiani avevano portato a delineare il meccanismo di frode incentrato sull’utilizzo di società “cartiere”, amministrate da prestanomi, prive di sede e attività economica e aventi il solo fine di emettere fatture “di comodo” in favore di altre imprese intenzionate a pagare meno imposte. Con la condanna sono state irrogate pene per complessivi 83 mesi di reclusione  diversamente distribuiti tra gli indagati secondo la gravità dei reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione e occultamento di scritture contabili.

L’intervento della Guardia di Finanza di Treviso, in sinergia con la Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Venezia, dimostra che i responsabili delle frodi fiscali vengono perseguiti non solo con pene afflittive a carattere personale ma anche con l’apprensione dei beni nella loro disponibilità, in misura equivalente all’ammontare delle imposte sottratte alla collettività.

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