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Cronaca Villorba

Evasione, i proventi finiscono alle Bahamas: azienda risarcisce 1,2 milioni al Fisco

Al centro di un'inchiesta della Guardia di Finanza di Treviso è finita una società attiva nel commercio di software e applicativi informatici. Denunciati alla Procura i due soci dell'impresa che hanno ottemperato alla richiesta di rimborso da parte del gip

Hanno evaso imposte, Iva, Ires e Irap, attraverso fatture false, nascondendo poi i proventi su due conti correnti di una banca delle Isole Bahamas. Dopo una lunga e complessa indagine le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Treviso hanno ottenuto il rimborso integrale, per 1,2 milioni di euro, comprensivo di sanzioni e interessi, delle tasse evase, tra il 2015 e il 2018, da una società di Villorba specializzata nel commercio di software e applicativi informatici.

Le fatture per operazioni inesistenti, come emerso nell'inchiesta, erano state emesse da un soggetto giuridico di diritto maltese, e ammontavano a circa 1,5 milioni di euro ed erano relative all’utilizzo di un software di cui l’impresa con sede a La Valletta, a sua volta partecipata da una società con sede in Liechtenstein, sarebbe stata licenziataria. Al termine degli accertamenti fiscali formulati dai finanzieri del Gruppo di Treviso l'azienda trevigiana ha poi aderito agli avvisi di accertamento, emessi dall’Agenzia delle Entrate.

Grazie alla cooperazione internazionale, si era scoperto che il pagamento delle fatture era avvenuto prevalentemente con bonifici su un conto corrente acceso in Repubblica Ceca; da qui il denaro, attraverso una fiduciaria, era transitato a Dubai, negli Emirati Arabi, e, infine, riaccreditato, per 285 mila euro, su due conti di una banca delle Bahamas, territorio qualificato come “paradiso fiscale”, che però, a decorrere dal 2019, collabora con l’Italia e favorisce lo scambio delle informazioni, come è avvenuto in questo caso.

I due soci dell’impresa, pertanto, erano stati segnalati alla locale Procura della Repubblica non solo per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni economiche fittizie, ma anche per il più grave reato di autoriciclaggio, atteso che parte dei proventi dell’evasione, pari a circa 285 mila euro, su un ammontare di risparmio d’imposte pari a 700 mila euro, è stata rintracciata in due distinti conti correnti, intestati a nomi di fantasia, che i due indagati avevano aperto nelle isole caraibiche.

Il Giudice per le Indagini Preliminari di Treviso aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente dei proventi illeciti riciclati all’estero, provvedimento che aveva permesso di cautelare disponibilità finanziarie riconducibili ai due imprenditori, detenute in conti correnti nazionali, per 285 mila euro, pari al provento del reato di autoriciclaggio. I due indagati, sul piano penale, anche se la restituzione delle imposte evase non estingue i reati, potranno ora far valere dinanzi al Giudice la definizione del procedimento tributario.

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