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Cronaca Pieve di Soligo

Assassina un pensionato, il killer ora chiede di accedere alla "giustizia riparativa"

Si è aperto oggi 6 novembre il processo per l'omicidio di Adriano Armelin, il pensionato di 83 anni ucciso il 25 marzo del 2022 da Mohamed Boumarouan, cittadino marocchino 37enne. L'imputato ha espresso la volontà di poter essere ammesso al procedimento introdotto nel nostro ordinamento dalla Riforma Cartabia. I figli: «In questo momento non abbiamo nulla da dire»

«Sono dispiaciuto e pentito. Vorrei incontrare i parenti di Adriano per dire loro quanto mi dispiace che sia finita così». Era il 25 marzo del 2022 quando, ubriaco e strafatto di cocaina come rileveranno le analisi del sangue, il 36enne marocchino Mohamed Boumarouan si rese responsabile dell'efferato omicidio di Adriano Armellin, l'83enne pensionato di Pieve di Soligo la cui unica colpa era stata, forse, quella di aver aiutato economicamente altre volte lo straniero. Oggi, 6 novembre, nel corso della prima udienza nel processo in cui deve difendersi dall'accusa di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dall'intenzione di compiere una rapina, Boumarouan ha chiesto al presidente della Corte d'Assise di poter accedere all'istituto della "giustizia riparativa", una modalità introdotta dalla riforma voluta dall'ex Guardasigilli Marta Cartabia che ha come obiettivo quello di ricostruire il legame spezzato tra vittima, il reo e la comunità. L’esito riparatorio potrà essere simbolico, consistente in dichiarazioni, scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla società e accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi, oppure materiale con il risarcimento del danno, le restituzioni, l’adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o evitare che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori.

Si tratta del primo caso arrivato alla ribalta di richiesta del percorso di "giustizia riparativa" a Treviso. «E' ancora tutto quasi a livello embrionale - spiega l'avvocato Filippi Viaggiano, legale del marocchino - quello che conta è che siamo al cospetto di un sincero sentimento di pentimento da parte del Boumarouan che cerca nel percorso indicato dalla legge un strada per riottenere, al di là della pena che gli sarà probabilmente inflitta dal Tribunale, un'occasione per riscattarsi socialmente e per affermare con chiarezza di aver compreso la negatività dei fatti di cui è ritenuto responsabile».

Il 37enne era entrato nella casa di Armellin un pomeriggio del marzo di di quasi due anni fa. Tra le 18 alle 19.45 si sarebbe intrufolato nell'ex officina di elettrauto annessa all'abitazione e ora dismessa per frugare nel locale e forse anche all'interno della vecchia Volkswagen Polo, trovata con il baule aperto. I rumori però avrebbero insospettito l'anziano che aveva disceso le scale e sorprendendo il ladro all'ingresso. A questo punto il 36enne il killer avrebbe discusso animatamente con la vittima, che alla fine viene legata mani e piedi con una corda. Poi gli avrebbe sferrato una serie di colpi alla testa, al torace e all'addome. Quelli al capo risulteranno fatali, tanto che il cranio risulterà fracassato. Armelin morirà la mattina seguente in un letto del Ca' Foncello di Treviso.

Dopo il pestaggio il marocchino avrebbe lasciato l'abitazione e raggiunto a piedi il supermercato, dove avrebbe comperato qualche cosa da mangiare, riuscendo a rubare anche un pacco di surgelati. Poi, sempre sotto l'effetto dell'alcol e della cocaina, si era cambiato le scarpe ed era tornato sulla scena della tragedia. Il 36enne a quel punto sarebbe salito al primo piano, dove si presume sia andato a caccia probabilmente di contanti e gioielli. Ma non riuscirà a portare via niente perché sarebbe stato disturbato dall'arrivo di Andrea, uno dei figli della vittima, accorso in via Schiratti perché il padre non rispondeva al telefono da ore. Alla fine di una rocambolesca fuga dalla terrazza, e poi attraverso la tettoia, è un vicino di casa che ferma il 36enne e lo blocca fino all'arrivo dei carabinieri che lo arrestano.

Il difensore di Boumarouan, nel corso dell'udienza preliminare svoltasi lo scorso 15 settembre, aveva contestato le aggravanti e aveva fatto richiesta di giudizio abbreviato, respinta però dal gup Marco Biagetti. «Quello che è avvenuto nella casa - ha spiegato oggi – è stata probabilmente una discussione finita in tragedia anche per le condizioni in cui si trovava il mio assistito, drogato e ubriaco. Non c'è stata rapina, come peraltro conferma non soltanto il fatto che dalla casa non sia stato asportato nulla ma anche la circostanza che non è stato neanche cercato alcunché».

Praticamente tutti gli atti di indagine sono stati acquisiti. Il pubblico ministero Giulio Caprarola ha presentato una lista testi piuttosto ridotta (in tutto sette persone). La difesa ha chiesto che l'imputato possa deporre in aula. Si torna in aula il prossimo 20 novembre quando sarà reso noto anche il programma di giustizia riparativa applicato a Boumarouan: nel caso in cui dovesse portare a termine positivamente il percorso il marocchino potrebbe ricevere uno sconto fino alla concorrenza di un terzo della pena complessiva.

«Non abbiamo alcuna dichiarazione da fare ai media». E' questa il laconico commento rilasciato da Marco e Andrea Armellin, i figli della vittima. «Quando saremo informati dagli organi di giustizia sulle intenzioni dell'assassino - spiegano - risponderemo a loro delle nostre intenzioni. Non vogliamo spettacolarizzare la dolorosa vicenda di cui è stato protagonista nostre padre».

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